Con lo spirito di far conoscere le bellissime realtà imprenditoriali sul nostro territorio, intervistiamo periodicamente i nostri hubbers. Oggi è il turno di Nomadnoos, azienda ticinese lavora per creare produce filati artigianali e sostenibili a chi lavora a maglia, seguendo i principi dello slow fashion. “Crediamo che per rimanere un attore rilevante sul mercato, nel lungo periodo, le aziende devono agire in modo responsabile e le loro strategie commerciali devono abbracciare realmente aspetti come la cura dell’ambiente e del sociale” – ce ne parla Coty Jeronimus, CEO dell’azienda.
Chi è Coty Jeronimus? Sono un consulente tessile con un focus sulla sostenibilità, con oltre 30 anni di esperienza nell’industria tessile. Oltre al mio lavoro di consulenza, che varia dal supporto ai marchi di lusso per implementare un sourcing responsabile nella loro supply chain, analizzo l’impatto delle diverse certificazioni tessili. Le mie competenze si focalizzano sulle fibre naturali, per esempio la lana, il cammello, lo yak e il cashmere. Ho lavorato per organizzazioni come la DSC in Mongolia, Textile exchange, e attualmente per la piattaforma UNDP Cashmere in Mongolia. Nomadnoos, di cui sono proprietaria e managing director, si occupa di produrre filati di lusso per il lavoro a maglia a mano, il marchio ha un impatto sociale e ambientale positivo. Oltre a Nomadnoos, c’è anche Swisscoolwool propone filati prodotti da razze ovine nazionali svizzere. Entrambe le linee di filati hanno una catena di approvvigionamento trasparente che integra la sostenibilità nella loro catena del valore.
Puoi parlarci di Nomadnoos e dei tuoi progetti? Essendo una persona creativa e attratta dalla comunità dell’artigianato artistico, sono la proprietaria di un marchio di filati che gestisce diverse linee di filati. Nomadnoos è un marchio di filati di lusso che propone fibre di yak, cammello e sartuul provenienti direttamente dai pastori nomadi mongoli e filate a mano in Nepal e commercializzate in modo trasparente e fairway. I consumatori di oggi sono sempre più incuriositi ed educati da prodotti che soddisfano le loro aspettative verso la sostenibilità e la trasparenza. Crediamo che per rimanere rilevanti sul mercato, le aziende devono agire in modo responsabile e le loro strategie commerciali devono abbracciare realmente aspetti come la cura dell’ambiente e del sociale. Ecco perché esiste Nomadnoos: per creare valore e fornire filati artigianali e sostenibili a chi lavora a maglia, seguendo i principi dello “Slow Fashion”. La slow fashion crea una nuova consapevolezza e adotta un approccio che considera i processi e le risorse necessarie per produrre abbigliamento, concentrandosi in particolare sulla sostenibilità. Comporta l’acquisto di capi di qualità migliore che durino più a lungo e valorizzano il trattamento equo delle persone, degli animali e del pianeta. I knitters di tutto il mondo possono acquistare i filati di lusso Nomadnoos, esclusivi e di alta qualità, provenienti dai pastori della Mongolia e dalle donne che vivono nei paesi in via di sviluppo.
E il tuo progetto “Tasklab”? Tasklab significa: Textile and Artcraft with Sustainable Knowhow, ed è un laboratorio creativo che celebra e coltiva le materie prime sostenibili, il design tessile tradizionale e l’artigianato artistico, collaborando con la cooperazione globale, gli agricoltori e gli artigiani, incorporando il know-how sostenibile nei prodotti.
Come è nata l’idea di fondare un’azienda incentrata sulla sostenibilità? Perché in Ticino? In tutti gli anni di lavoro nell’industria tessile, ho visto questo settore spostarsi verso un modello di fast fashion. Tutto deve essere più economico, più veloce, il che è distruttivo per l’ambiente e anche a livello sociale. Ho deciso di lasciare il mondo aziendale per poter partecipare e sostenere lo sviluppo di un comportamento sostenibile.
La vostra missione è quella di facilitare e creare catene di valore tracciabili e responsabili nel settore tessile. Cosa intendi esattamente? Attraverso il mio lavoro di consulente, consiglio alle marche quale sia il sourcing più adatto ai loro bisogno, analizzo e consiglio le migliori certificazioni e spiego come evitare il greenwashing. Il mio obiettivo è quello di sviluppare da zero queste catene di valore responsabili, trovando la fonte più duratura.
Quali sono le sfide che una start-up come la vostra deve affrontare? E più in generale, quali sono i problemi della filiera tessile che possiamo incontrare oggi? Sfide: Direi che la sfida più grande è il denaro! Lo sviluppo del prodotto richiede tempo e i soldi arrivano solo quando arrivano le vendite. Direi anche che la gestione del tempo è importante. Avviare un’azienda richiede molto tempo! E naturalmente, le vendite e il marketing sono molto importanti. Portare il giusto messaggio là fuori spingerà le vendite, e senza vendite, nessun reddito!
Quali sono gli obiettivi che vorresti raggiungere? Per quanto riguarda la catena di approvvigionamento tessile, ci sono enormi sfide ambientali e sociali. I marchi devono conoscere la loro catena. Non solo a livello manifatturiero, ma dall’origine della materia prima. Per esempio, oggi si sente parlare molto di agricoltura rigenerativa. La pelle e la lana sono in qualche modo sottoprodotti dell’industria alimentare e hanno un impatto sull’ambiente. A livello sociale, per esempio, l’organizzazione The Fashion Revolution mostra che ancora oggi c’è molta ingiustizia e che gli stipendi sono bassi. Le aziende hanno una responsabilità in questo, ma anche i consumatori hanno un ruolo importante: comprare prodotti al giusto prezzo e comprare meno. E naturalmente, anche i governi hanno molta influenza. Il mio obiettivo personale è quello di fare un cambiamento, anche piccolo, e portare avanti un nuovo concetto di supply chain più responsabile.
Perché hai scelto Impact Hub Ticino? Qual è il valore aggiunto qui? Ho scelto di lavorare in Impact Hub perché sono allineata con lo scopo e il suo impatto positivo. È un bellissimo luogo di networking! Conosco molto bene gli Impact Hub di Losanna e Zurigo e sono stata molto felice di sapere che finalmente ce ne sarebbe stato uno anche a Lugano! È molto importante che il Ticino faccia parte della rete globale e svizzera di Impact Hub!
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