a cura di Tiziano Luccarelli
Una storia ricorre frequentemente quando si racconta la teoria dell’innovazione ed il suo rapporto con la capacità di intravedere le possibilità future: il letame di cavallo.
Nel 1898, scienziati ed economisti da tutto il mondo si riunirono a New York per la prima conferenza internazionale di pianificazione urbana. Un argomento dominò la discussione. Non si trattò di alloggi, uso del territorio, sviluppo economico o infrastrutture. I partecipanti dibatterono alacremente e furono portati alla disperazione dal problema del letame di cavallo, appunto.
Alla fine del 1800, il problema proveniente dall’uso di cavalli aveva raggiunto livelli senza precedenti. La crescita della popolazione dei quadrupedi stava superando anche il rapido aumento del numero di abitanti delle città (i dati dell’epoca a New York contavano 26 cavalli per ogni 4 abitanti). Le città più popolose stavano affogando nel letame così come in altri sgradevoli sottoprodotti del modo di trasporto predominante dell’epoca: urina, mosche, congestione, carcasse e incidenti stradali.
La situazione era terribile. Nel 1894, il Times di Londra stimò che entro il 1950 ogni strada della città sarebbe stata sepolta da un metro e mezzo di letame. Un esperto di New York del 1890 concluse che entro il 1930 gli escrementi di cavallo sarebbero saliti fino alle finestre del terzo piano di Manhattan.
Si profilava una crisi sanitaria di dimensioni inimmaginabili alla quale non era possibile trovare una soluzione. Dopo tutto, il cavallo era stato il mezzo di trasporto dominante per migliaia di anni. I cavalli erano essenziali per il funzionamento della città del diciannovesimo secolo – per il trasporto personale, delle merci e anche per l’energia meccanica. Senza cavalli, le città sarebbero letteralmente morte.
La questione sanitaria, quindi, era solo un aspetto del problema. La popolazione urbana in tutto il mondo crebbe incredibilmente tra il 1800 e il 1900. Nuovi cittadini avevano bisogno di essere nutriti, vestiti e ospitati usando materiali consegnati da cavalli. In secondo luogo, nonostante il fatto che le città si stessero espandendo verso l’esterno, l’ondata di nuovi residenti fece salire i livelli di densità quasi del 200% nello stesso lasso di tempo.
Non solo il numero di persone in città stava aumentando; anche la dipendenza dal cavallo stava aumentando. Gli standard di vita stavano salendo alle stelle: la capacità di spesa delle persone cresceva vertiginosamente. Questo significava un maggiore commercio, e praticamente tutte le merci erano trasportate da cavalli.
Questa situazione fu resa peggiore dall’introduzione del cavallo in un’area da cui era stato assente: il trasporto personale intra-urbano. Esistevano veicoli simili ai bus ma trainati da circa 12 cavalli ognuno, al giorno.
Inoltre, i cavalli cadevano frequentemente. Quando questo accadeva, il cavallo (che pesava in media 600 kg) doveva essere aiutato a rialzarsi, cosa non da poco. Se ferito gravemente, un cavallo caduto sarebbe stato soppresso sul posto con il problema di spostarlo.
Insomma, la situazione era molto complessa ed intricata. Gli scienziati dell’epoca guardarono al passato per trovare ispirazione, in quanto i cavalli erano utilizzati da millenni. Ad esempio, Giulio Cesare bandì i carri trainati da cavalli dall’antica Roma tra l’alba e il tramonto nel tentativo di limitare il problema.
Cominciarono a nascere aziende specializzate nella pulizia delle strade per poi vendere il letame come fertilizzante. Vennero inventati veicoli appositi per rimuovere i cavalli morti (nel 1880, la città di New York ha portato via quasi 15’000 equini morti dalle sue strade, un tasso di 41 al giorno). Le città cominciarono a progettare sistemi di drenaggio delle strade e fognature efficienti. Allo stesso tempo, il tram elettrico prese il posto del cavallo come modalità per il trasporto personale intra-urbano. Ancora, all’inizio del XX secolo furono inventate le regole della strada per ridurre il numero di incidenti causati da veicoli trainati da cavalli.
Il ventaglio delle soluzioni possibili, quindi, si arricchiva. Leggi restrittive, nuove regole, innovazione, nuovi posti di lavoro. La situazione continuava ad essere problematica perché tutti i dati e le proiezioni indicavano un andamento impossibile da contrastare. L’intera umanità era spacciata.
Ci sarebbe voluta un’altra innovazione per porre fine al problema una volta per tutte: i miglioramenti nel motore a combustione interna. In aggiunta, gli sviluppi legali e politici che limitavano il potere delle città di regolare i tipi di traffico sulle loro strade (divieto dell’uso dei cavalli a livello nazionale), la già citata invenzione delle regole del traffico e le nuove superfici stradali di asfalto liscio che hanno aperto la strada all’automobile.
Come accelerare l’economia circolare? Nello stesso modo. Innovazione e nuove leggi. Senza perdere l’ottimismo. La cacca non ci sommergerà.
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